Era un venerdì di oltre due secoli fa quello in cui Johann Wolfgang von Goethe arrivava a Palermo e descriveva un terra straordinaria.
13 aprile 1787, Goethe a Palermo: “Sicilia, qui è la chiave di tutto”
Il 13 aprile 1787, Johann Wolfgang von Goethe, celebre scrittore e poeta tedesco, iniziava a redigere quello che sarebbe divenuto il suo saggio più noto, Italienische Reise (Viaggio in Italia): un diario di viaggio straordinario che, tra le sue pagine, conserva uno dei più intensi omaggi mai rivolti a Palermo.
Giunto nella capitale siciliana in uno splendido pomeriggio, Goethe ne rimase profondamente colpito, tanto da scrivere parole intrise di meraviglia:
«Non saprei descrivere con parole la luminosità vaporosa che fluttuava intorno alle coste quando arrivammo a Palermo in un pomeriggio stupendo. La purezza dei contorni, la soavità dell’insieme, il degradare dei toni, l’armonia del cielo, del mare, della terra… chi li ha visti una volta non li dimentica per tutta la vita».
Era un venerdì quel giorno di oltre due secoli fa. Il poeta, affascinato dai racconti sentiti su Cagliostro, si mise in cerca della sua famiglia. Spinto dalla curiosità e forse da un senso di umana compassione, imboccò una stretta viuzza che si diramava dal Cassaro, l’antica arteria principale della città. Lì incontrò una famiglia in condizioni di estrema povertà, tanto che ammise di aver avuto la tentazione di soccorrerli economicamente di persona.
Il suo soggiorno in Sicilia, e in particolare a Palermo, fu per lui fonte di pace e ispirazione. L’isola gli offrì un rifugio per il corpo e per lo spirito, risvegliando in lui una creatività vibrante. I volti, i paesaggi, le tradizioni e le storie di quella Palermo di fine Settecento diventarono il tramite con cui Goethe presentò al resto d’Europa la bellezza e la complessità di un luogo ancora poco conosciuto.
«Non è possibile formarsi un’idea giusta dell’Italia senza aver visto la Sicilia: qui è la chiave di tutto», scriveva dopo aver visitato, oltre Palermo, anche Segesta, Castelvetrano, i templi di Agrigento, Taormina e una Messina ancora segnata dal terribile terremoto del 1783.
Durante la sua permanenza palermitana, Goethe abitò in quella che oggi è una parte di Palazzo Butera. Le sue osservazioni toccano ogni aspetto della città: la cucina, con il sapore fresco del pesce e delle verdure – pur osservando che «le verdure potrebbero essere trattate meglio» –; il carattere degli abitanti; l’eleganza delle architetture e dei decori; la primavera che gli si mostrava rigogliosa e vivace.
Non trascurò di descrivere gli stemmi delle famiglie nobili, le esedre, la vegetazione lussureggiante e il corso sinuoso del fiume Oreto. Tra i simboli che più lo colpirono vi furono il Genio di Palermo e Santa Rosalia, figure emblematiche della cultura e della spiritualità cittadina.
Goethe, Palermo e il viaggio in Italia
Tra il 1816 e il 1817 pubblicò i primi due volumi del Viaggio in Italia, che raccontano il suo soggiorno nella penisola dal 3 settembre 1786 al 18 giugno 1788. Un terzo volume, uscito nel 1829, fu invece dedicato a una successiva visita a Roma.
Il suo arrivo a Palermo avvenne via mare. Appena sbarcato, rimase incantato da ciò che vide a Villa Giulia:
«In un giardino pubblico c’erano grandi aiuole di ranuncoli e di anemoni. L’aria era mite, tiepida, profumata, il vento molle. Dietro un promontorio si vedeva sorgere la luna che si specchiava nel mare; dolcissima sensazione».
E infine, tra le tante impressioni lasciate sulla carta, una frase spicca per la sua potenza evocativa:
«Chi ha visto una volta il cielo di Palermo non potrà mai più dimenticarlo».
Articoli a cura della redazione di SiciliaLive.eu